variazioni fantastiche su eventi realmente accaduti a torino nel 1911
di Giulio Maria Cavallini
cortometraggio | drammatico
Una doppia resa dei conti incombe su Emilio Salgari, l’esaurimento della sua creatività e la presa di coscienza di aver distrutto la vita della moglie Ida.
Sinossi
variazioni fantastiche su eventi realmente accaduti a torino nel 1911
di Giulio Maria Cavallini
cortometraggio | drammatico
Una doppia resa dei conti incombe su Emilio Salgari, l’esaurimento della sua creatività e la presa di coscienza di aver distrutto la vita della moglie Ida.
Sinossi
Variazioni fantastiche su eventi realmente accaduti a Torino nel 1911
Italia, 2025 / 20′
un film di
Giulio Maria Cavallini
con
Valerio Binasco
Pier Luigi Pasino
Francesca Ciocchetti
Maria Laila Fernandez
Scritto e Diretto da | Giulio Maria Cavallini |
Direttore della Fotografia | Alessandro Mattiolo |
Scenografia | Eleonora Diana |
Costumi | Sara Giovene |
Trucco | Vanessa Ferrauto |
Montaggio | Davide Miele |
Musica | Madaski |
Suono | Giovanni Corona Elisabet Armand Guglielmo Diana |
Produttori | Alice Drago Eleonora Diana Federico Lagna Matteo Fresi |
Produzione | Epica Film |
Distribuzione | Alpha Film |
La Regia
Giulio Maria Cavallini
Biofilmografia
Giulio Cavallini, è un regista, fotografo e attore italiano. Nasce a Torino nel 1993. Si avvia alla recitazione a 15 anni frequentando la Scuola di Teatro Sergio Tofano. Diviene allievo della Scuola di alta formazione professionale per attori del Teatro Stabile di Torino, dove si diplomerà nel 2015. È autore, regista e produttore di vari cortometraggi tra i quali “Il sognatore” (2011), con cui vince il Premio della Giuria al Sottodiciotto Film Festival e “Conseguenze” (2017). Nel 2021 scrive, dirige e interpreta il corto “Ratavoloira”, proiettato fuori concorso al 39° Torino Film Festival. A teatro è autore e regista dello spettacolo «#max²» che debutta nel 2016 alla Cavallerizza Reale occupata di Torino. Nel 2020 è tra i finalisti alla Biennale di Venezia del bando Registi Under 30.
Filmografia:
- “Variazioni fantastiche su eventi realmente accaduti a Torino nel 1911” (2025)
- “Ancora Ieri” (2023)
- “All’imbrunire” (2021)
- “Ratavoloira” (2021)
- “Blackbird” (2020)
- “Conseguenze” (2017)
- “Niente di grave” (2014)
- “Lo Sconosciuto” (2013)
- “Gabriele” (2013), co-regia con Aliosha Massine
- “Il sognatore” (2011)
Note di regia
Il soggetto è tratto dalla biografia “Emilio Salgari, il padre degli eroi” di Giovanni Arpino e Roberto Antonetto, quest’ultimo mio nonno. È anche frutto di una ricerca pluriennale che sta alla base di una documentazione imponente, in parte inedita, e condotta sull’archivio custodito dei discendenti di Emilio Salgari, e dalla scoperta di numerosi documenti, fra i quali la cartella clinica di Ida Salgari, la straordinaria donna che condivise la vita del Capitano, in un locale abbandonato dell’ex-manicomio di Collegno. Esplora le ultime drammatiche ore dello scrittore prima del suicidio e vuole stimolare una riflessione sulla fragilità dell’artista, l’impatto della creatività sulla vita personale e il ruolo sacrificale imposto alla donna da un tempo tutt’altro che tramontato.
Sappiamo dal figlio Omar che Salgari scrisse non 3, ma ben 13 lettere di addio, dieci di queste misteriosamente scomparse. Le scrisse il 22 aprile, ma si uccise tre giorni dopo, il 25 aprile. Fatto singolare che si scrivano le lettere di addio 48 ore prima di mettere in atto il proposito enunciato.
Come trascorse Salgari quelle 48 ore dalla stesura delle lettere alla mattina in cui si uccise? Forse andò a trovare la moglie ricoverata al manicomio e questa visione gli dette il colpo di grazia? Più probabilmente gli rifluì addosso come un’onda tutta la sua vita con le sue disgrazie, le sue piccole glorie e i suoi molti rimorsi.
Se sono tanti gli adattamenti (cinematografici, televisivi, teatrali, radiofonici…) alle opere di Salgari, è vero che al suo autore non è stato riservato lo stesso trattamento. La vicenda umana di Emilio e Ida Salgari lega i due personaggi in modo emblematico alla storia di Torino, ma è portatrice di simbologie di portata universale. La massa e il tenore dei documenti studiati hanno permesso di stabilire uno stretto nesso di cause e effetto fra il ricovero della demente Ida, accompagnata in manicomio dalla forza pubblica il 19 aprile 1911, e il suicidio di Emilio il 25 aprile. In altre parole il Capitano si uccise solo quando perdette la sua Aida. Risultò infatti da quelle carte che la donna aiutava il marito a comporre i suoi romanzi, notizia del tutto inedita, e ne venne fuori una figura di sommessa, ma commovente statura biografica segnato dalle stesse stimmate di grandezza e miseria del capitano e di drammatica intensità femminile.
Sono ore sospese e magiche, trascorse sulle rive “selvagge” del Po nei pressi della Madonna del Pilone, che Salgari aveva trasformato in laboratorio e teatro per la sua sterminata inventiva.
Il film ha diversi caratteri di continuità con mie esperienze precedenti: in primis sono diplomato alla Scuola del Teatro Stabile di Torino dove il protagonista Valerio Binasco – uno dei più affermati e premiati artisti della scena teatrale italiana – è stato mio docente prima di diventare il Direttore del Teatro Stabile; in secondo luogo tutti i miei lavori cinematografici sono stati contaminati, se così si può dire, dal Teatro. Un altro aspetto per me fondamentale è la visione fotografica, fin dalle prime letture salgariane le parole del Capitano hanno stimolato profondamente il mio immaginario fotografico (Salgari se vogliamo è stato un cineasta a suo modo e precursore della televisione per via della precisione visiva della sua scrittura). La trovata di far dialogare l’autore ormai stanco e depresso con le sagome cartonate dei personaggi e degli eroi da lui stesso ideati è un’interpretazione poetica che sono certo possa avvicinare anche gli spettatori che non conoscono la sua storia e auspicabilmente portarli anche a riscoprirne la letteratura.
Durante il dialogo con la Guardia Civica, Emilio ammetterà la verità più sconcertante riguardo i suoi romanzi e il suo processo di scrittura: “In Malesia, in India, In Africa io non ci sono mai stato. […] È sempre stato tutto un teatro per dar più credito ai miei romanzi”, di qui la rivelazione, sconvolgente per la Guardia Civica e per tutti coloro che si approcciano per la prima volta a Salgari, del talento di uno scrittore-manipolatore-magico di sogni, divenuto il fenomeno letterario che è oggi (beffardamente da quando non è più un fenomeno di massa, lo analizza e viviseziona l’Università).
Salgari non era però affatto ispirato per gioiosa grazia divina dalla sua immaginazione, ma elaborava i suoi testi sulla base di una ricerca documentaria impressionante. Nella sua vita ha accumulato decine di quaderni di appunti che trascriveva dalla Biblioteca Civica di Torino radunando i mattoni delle sue storie. Il materiale aveva una validità geografica e storica, non inventò nulla, non viaggiò mai, rielaborò tutto con una fatica sterminata che, se vogliamo, lo uccise, come lo uccise il divario tra i suoi 158 centimetri di statura, le disgrazie della sua vita e il mondo fantastico che aveva creato di cui rimase prigioniero. L’ultima delle beffarde sciagure fu proprio la messa in scena teatrale del suo brutale suicidio in quella Torino che tripudiava per la Grande Esposizione. La morte di uno dei più grandi e noti scrittori del Novecento gettata in faccia al mondo, ma di cui nessuno si accorse.